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Le metodologie del ‘900 per una pedagogia musicale attiva

Il XX secolo ha visto emergere diverse metodologie didattiche innovative che hanno rivoluzionato l’insegnamento della musica, promuovendo un approccio più attivo e coinvolgente. Queste metodologie, sviluppate da pedagogisti e musicisti di grande rilevanza, si concentrano su quattro aspetti principali: l’ascolto, la voce, la pratica strumentale e l’espressione corporea. Di seguito, esaminiamo i contributi di alcuni dei protagonisti più influenti in ciascun ambito, rimandando al volume “Musica tra i banchi” (di Maria Cristina Luchetti) per eventuali approfondimenti.

L’ASCOLTO

Edgar Willems

Edgar Willems è stato un pioniere nell’educazione musicale, sostenendo che l’ascolto è la base dell’educazione musicale. Il suo metodo si concentra sull’educazione dell’orecchio musicale e dello sviluppo della percezione uditiva sin dalla prima infanzia, favorendo un’educazione che integra emozioni, intelletto e corpo.

Alfred Tomatis

Alfred Tomatis, otorinolaringoiatra e psicologo, ha sviluppato il “Metodo Tomatis”, che utilizza la musica per migliorare le capacità di ascolto e di apprendimento. Il suo approccio si basa sulla convinzione che l’ascolto efficace sia fondamentale per lo sviluppo della comunicazione e dell’auto-espressione, e ha applicazioni anche nel trattamento dei disturbi dell’apprendimento e della comunicazione.

Edwin E. Gordon

La “Music Learning Theory” si fonda sul presupposto che la musica si possa apprendere secondo processi analoghi a quelli con cui si apprende il linguaggio. Gordon ha introdotto poi il concetto di “audiation”: il processo di pensare musicalmente senza il suono fisico. La sua teoria dell’apprendimento musicale enfatizza l’importanza dell’ascolto e del movimento nella formazione delle competenze musicali, sostenendo che l’educazione musicale debba iniziare il più presto possibile nella vita del bambino. La MLT è stata introdotta in Italia nei primi anni Duemila dall’Associazione AIGAM presieduta da Andrea Apostoli.

LA VOCE

Zoltán Kodály

Zoltán Kodály, compositore e pedagogo ungherese, ha sviluppato un metodo che pone al centro la voce umana e il canto come strumenti principali per l’educazione musicale. Il metodo Kodály sviluppa l’intonazione, il senso ritmico e la lettura musicale utilizzando la “solmisazione relativa” (o “Do Mobile”), un metodo di lettura che utilizza le sillabe convenzionali (Do, Re, Mi, ecc.) per indicare i suoni in base alla loro posizione nella scala e non in base alla loro altezza assoluta. Questo metodo è stato poi adattato e introdotto in Italia negli anni ’70 del secolo scorso da Roberto Goitre. Oggi l’associazione di riferimento è l’AIKEM.

LA PRATICA STRUMENTALE

Carl Orff

Carl Orff ha sviluppato un metodo basato sull’integrazione tra musica, movimento e parola. Il suo approccio, noto come “Schulwerk”, utilizza strumenti a percussione semplici e accessibili (xilofoni, metallofoni, tamburi) per coinvolgere i bambini in attività musicali creative e interdisciplinari, stimolando il senso ritmico, la capacità di ascolto, la coordinazione motoria e l’improvvisazione. L’Orff-Schulwerk è stato poi tradotto e introdotto in Italia negli anni a partire dagli ’70 del secolo scorso da Giovanni Piazza, la cui opera prosegue oggi grazie all’OSI e alla scuola Donna Olimpia.

Shinichi Suzuki

Shinichi Suzuki, violinista e pedagogo giapponese, ha ideato il Metodo Suzuki, noto anche come “educazione del talento”. Suzuki credeva che ogni bambino avesse il potenziale per diventare un grande musicista, se inserito in un ambiente favorevole e stimolante. Il suo metodo si basa sull’imitazione, l’ascolto e la ripetizione, e richiede un forte coinvolgimento dei genitori nel processo di apprendimento, oltre all’abilità e alla sensibilità dell’insegnante che adegua il metodo su misura dell’allievo. I bambini iniziano a suonare uno strumento in tenera età, sviluppando un orecchio musicale raffinato attraverso l’ascolto quotidiano di registrazioni. L’obiettivo principale del Metodo Suzuki non è solo l’abilità tecnica, ma anche la formazione del carattere e l’amore per la musica.

L’ESPRESSIONE CORPOREA

Émile Jaques-Dalcroze

Émile Jaques-Dalcroze è l’ideatore della “Ritmica Dalcroze”, un metodo che utilizza il movimento corporeo per insegnare la comprensione musicale. Attraverso esercizi ritmici, giochi e improvvisazioni corporee, gli studenti sviluppano un senso profondo del ritmo e della musica, collegando l’esperienza fisica alla percezione uditiva. Anche per questa metodologia, in Italia c’è un’associazione nazionale di riferimento: l’AIJD.

Laura Bassi

Laura Bassi ha applicato e sviluppato ulteriormente il metodo Dalcroze in Italia, integrandolo con elementi della danza e dell’espressione corporea. Il suo lavoro ha sottolineato l’importanza del movimento nella formazione musicale, promuovendo un approccio educativo che vede la musica come un’esperienza totale che coinvolge mente, corpo e emozioni.

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A conclusione di questa panoramica sul XX secolo, ci piace menzionare – pur non trattandosi di una metodologia – anche “El Sistema” di José Antonio Abreu, un programma educativo che utilizza la musica come strumento di inclusione sociale e sviluppo personale. L’economista e musicista venezuelano voleva offrire opportunità musicali ai bambini delle comunità svantaggiate, creando orchestre giovanili e cori. “El Sistema” mirava non solo a sviluppare competenze musicali, ma anche a promuovere valori come la disciplina, la collaborazione e l’autostima. Abreu credeva fermamente nel potere trasformativo della musica, capace di migliorare le vite dei giovani e delle loro famiglie, contribuendo alla coesione sociale.

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